Ho scritto una email a Padre Maurizio Patriciello, parroco "anticamorra" nel quartiere Parco Verde in Caivano (NA) che da mesi lotta in prima linea nella battaglia sulla "Terra dei fuochi" in Campania. Molti di voi lo conosceranno per via della sua presenza in diverse trasmissioni tv sul tema. E' autore di due libri: "Vangelo dalla terra dei fuochi" (2013) e "Non aspettiamo l'apocalisse" (2014).
Gli
ho chiesto una sua testimonanzia per capire meglio quello che sta
succedendo in quelle terre non troppo lontane dalle nostre. E forse non
meno inquinate delle nostre.
Mi ha risposto, e di questo lo ringrazio, inviandomi un articolo da lui scritto per Il Mattino di Napoli nel giugno 2013. Se tutti i preti fossero cosi...
LA MIA TERRA VIOLENTATA.
Mi sento stordito e incredulo come
un padre cui hanno violentato il figlio sotto i suoi occhi senza che se ne
accorgesse. E non si dà pace. E vorrebbe rimediare. Riparare allo scempio delle
belle, fertili terre campane, oggi avvelenate. Stupidamente. Vigliaccamente.
Dio non voglia, irrimediabilmente. La brama di potere e di denaro ha ammaliato
i cuori di tanti insospettabili fino a renderli insensibili. “I soldi
comandano”, disse papa Francesco in occasione della Giornata per l’ambiente. E
se a comandare sono i soldi, le persone sono assimilabili alle cose. Si possono
sfruttare, usare, rovinare. Condannare a morte. Merce di scambio. Carne da
macello. Certo, perché la terra avvelenata, a sua volta, avvelena gli uomini.
Senza riguardi. Senza distinzioni. In Campania – lo sanno tutti, anche se tanti
continuano a fare i finti tonti – ci si ammala di cancro e di leucemia più che
altrove. In particolare nelle zone a cavallo delle province di Napoli e
Caserta, è in atto una vera “ecatombe”, come denunciarono l’anno scorso i sette
vescovi della “terra dei fuochi”. Le mamme che accompagnano i figli al
cimitero non si contano. Quante lacrime. Quanta rabbia. Quanta sofferenza. I
giovani volontari del “Coordinamento comitati fuochi” stanno raccogliendo i
loro nomi,le loro storie. Nulla deve andare perduto di questa sciagura
sciagurata che passerà alla storia e che la storia non perdonerà alla nostra
generazione. Rifiuti. Monnezza. Per anni ci hanno detto – ed io, prete, ho
sempre pensato che mi dicessero il vero – che il problema erano i rifiuti urbani.
Cioè la monnezza della nonna. Le bucce di banane e i gusci d’uovo. La colpa,
quindi, era tutta dei campani brutti, sporchi e cattivi. Cittadini rimasti
all’età della pietra,incapaci di mettersi al passo con la civiltà moderna. E
noi credemmo a questa menzogna inventata a tavolino. Ed io, prete, dall’Altare
- novello Savonarola - redarguivo i malcapitati parrocchiani: “Non si buttano
le carte per terra… Non si abbandona il sacchetto per la strada…”. Ma per
quanta buona volontà ci mettesse la povera gente, nel separare la carta dalla
plastica e dal vetro, le cose peggioravano sempre di più. Un fetore
nauseabondo, stomachevole, amaro come il fiele, invadeva i nostri paesi e le
nostre case a tutte le ore del giorno e della notte. Occorreva chiudere le
finestre anche d’estate. E quel fumo, nero come pece, che si sprigiona da mille
e mille roghi, che ruba il respiro e fa bruciare gli occhi? Ma che cosa
succedeva? Che cosa bruciava nelle campagne? E perché? A chi il povero cittadino
poteva rivolgersi per avere spiegazioni? Naturalmente, nessuno sapeva niente.
Le amministrazioni locali, lamentando scarsità di fondi e di personale,
rimandavano a quelle regionali e nazionali,che a loro volta rilanciavano il
barile alla cantina del paese. La cruda verità, che gli addetti ai lavori da
sempre conoscevano, divenne finalmente di pubblico dominio. Grazie a persone
oneste,illuminate, disinteressate, amanti della loro terra e della vita,
capimmo che non erano affatto “ urbani” quei rifiuti che bruciavano a tutte le
ore rendendo un inferno la vita di centinaia di migliaia di persone, ma
monnezze industriali altamente tossiche e nocive. Dai pentiti di camorra
venimmo a sapere che dal nord, alcune grandi industrie, con la complicità della
camorra e di amministratori incapaci o collusi, hanno interrato di tutto nelle nostre
campagne. Ma a bruciare sono anche milioni di tonnellate di pneumatici, ritagli
di pellami e di stoffe – le famose pezze –, intrise di colle, solventi,
diluenti. Le tante fabbriche nostrane che producono in nero, in regime di
evasione fiscale, per forza debbono poi smaltire in nero i rifiuti. In nero,
cioè, rovinando e uccidendo la vita di tanti innocenti. Adesso tacciono. Si
capisce. Chi in questo modo criminale si è arricchito, come fa a parlare? Come
potrebbe denunciare chi ha chiuso un occhio e spesse volte due? La parola
d’ordine era: tacere. Intorbidire le acque e accusare di allarmismo i poveri
volontari e qualche amministratore onesto. Ecco la cruda verità sulla “terra
dei fuochi”, fascia di territorio a nord di Napoli e sud di Caserta, con più di
due milioni di abitanti, cui sono stati rapinati i diritti più elementari. A
chi lo avesse dimenticato ricordo solo che la Campania è ancora una regione
della civile Italia e rientra a pieno titolo nella civilissima Europa.
Padre
Maurizio PATRICIELLO